Lo zappatore

"Lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti per l’avvenire" (Lc 13,9).
La misericordia, la pazienza e la benevolenza sono i tratti inconfondibili del Padre, che Gesù è venuto a rivelare: chi vede me, vede il Padre (Gv 12,45), disse un giorno Gesù.
Ecco perché l'invito che si fa pressante alla conversione (Se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo) non è angosciante, ma liberante. Per esplicitare ulteriormente che Dio ha di meglio da fare che non far crollare torri o far cadere aerei, Luca abbina una piccola parabola che fa respirare: il Padre non distribuisce castighi e non colpevolizza nessuno, ma gioisce quando la nostra vita porta frutto. Ed è disposto, oltre che a zappare, ad attendere, anno dopo anno, Quaresima dopo Quaresima, che il nostro cuore si sciolga nell'incontro con Lui. Bello questo Padre paziente e tenace come un contadino esperto!
D'altra parte, Dio è uno specialista nel recupero delle cause perse. Prendiamo Mosè: aveva un omicidio alle spalle e pasceva un gregge che non era suo. Diciamo che non era proprio ben messo, quasi un precario della vita. Eppure, proprio in quella situazione, il Signore gli viene incontro e gli rivela persino il suo nome: Io sono colui che sono. Che non è una formula algebrica per far quadrare i conti tra eternità e temporalità, ma una promessa di fedeltà: io sono il fedele per sempre. Come a dire: "Mi sono preso cura di te, mi prendo cura di te e mi prenderò cura di te". Io non ti mollo.
Come si fa a non dare fiducia a un Dio così?

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