Come sentinelle nel cuore della notte

Mi gridano da Seir:

Sentinella, quanto resta della notte?

Sentinella, quanto resta della notte?

La sentinella risponde:

Viene il mattino, e poi anche la notte

se volete domandare, domandate,

convertitevi, venite!

(Isaia 21, 11-12)

L'Avvento è il tempo dei profeti. 

Quando ascolto questi versetti di Isaia, mi torna sempre in mente il celebre "discorso della sentinella" di Giuseppe Dossetti, tenuto per commemorare l'amico Giuseppe Lazzati. Correva l'anno prepandemico 1994 (c'è un effetto Covid anche sulla memoria: tutto sembra azzerato a gennaio 2020). Era l'11 maggio e qualche mese prima il Cavaliere aveva annunciato tramite un messaggio videoregistrato la sua "discesa in campo". Il resto è storia nota.

In quell'occasione, il monaco di Montesole, uscito da tempo dalla scena pubblica, usò parole molto forti per sottolineare il fatto che la notte va riconosciuta effettivamente come notte. Parlò da profeta, denunciando "evidenti sintomi di decadenza globale", a partire dai dati demografici e dal generale "ottundimento" delle facoltà superiori dell'intelligenza, come la creatività, la contemplazione e il discernimento. In una parola: della capacità critica della coscienza.

All'epoca non esistevano gli smartphone e i social.

Chissà che cosa avrebbe detto il buon Dossetti di fronte alle immagini di questi giorni del delirante lutto collettivo per la morte di un famoso calciatore.

Dobbiamo riconoscerlo. La pandemia globale sembra accentuare questo effetto di "ottundimento" di massa, complice il flusso inarrestabile di una comunicazione a senso unico che, alla fine, sortisce un effetto anestetizzante: fate in modo che, giungendo all’improvviso, non vi trovi addormentati.

Le testimonianze di figure come Dossetti, Lazzati e La Pira spiccano ancora di più nel deserto di questo tempo, in cui manca l'acqua viva di una parola profetica che alimenti la lampada della speranza.

Nella notte di questo tempo pandemico, come credenti siamo chiamati a rinnovare l'esercizio del vigilare e del discernere: fate attenzione, vegliate.

La pandemia prosciuga certamente molte (troppe!) energie, ma non  possiamo lasciarci rubare l'anima. 

Ma, Signore, tu sei nostro padre;

noi siamo argilla e tu colui che ci plasma,

tutti noi siamo opera delle tue mani (Is 64,7).

Attendere è una sfumatura del verbo amare, osservava Tonino Bello. Attendere, saldi nella speranza, significa custodire il calore del desiderio nel cuore. E Lui verrà, donando la pace.


Buon Avvento!

don Stefano







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