Ogni cosa ha il suo tempo

Cara lettrice e caro lettore,

"tutte le parole si esauriscono e nessuno è in grado di esprimersi a fondo", scrive il Qoelet (Qo 1,8).


Anche le parole si possono esaurire e diventare  stanche. Forse persino vuote. Ecco perché, dopo varie camminate e una lunga riflessione, ho deciso di concludere l'esperienza di questo blog. Questo è l'ultimo post.

Sette anni di vita non sono pochi per questo genere letterario, iniziato nell'aprile del 2014 (un recente studio ha calcolato la vita media di un post del blog arriva essere di 2 anni). Non ho strumenti per valutare la "riuscita" o meno di questo tentativo. Non erano e non sono nel mio interesse i numeri (a chi interessano, trova qui sotto la tabella delle visualizzazioni complessive).

Quello che so in questo momento è che questo "spazio" domenicale ha esaurito il suo compito. Come nessuno mi ha chiesto di aprirlo, così nessuno mi chiede ora di chiuderlo. E' una mia libera scelta, frutto di un discernimento personale, come si usa dire in questi casi.

Avevo iniziato un po' per gioco, un po' per darmi la possibilità di condividere e di esprimermi in un modo più semplice ed informale rispetto ai contesti più "accademici". Qualcuno me l'aveva suggerito, ma non era del tutto secondaria la componente narcisistica.

Poi, con il tempo, anche postare sul blog è diventato un "lavoro", una specie di servizio pubblico (tra l'altro non richiesto). Rileggendo i vari post, mi sono reso conto che la mia scrittura si faceva a volte troppo sicura di sè, troppo assertiva (se non addirittura presuntuosa). Altre volte, invece, cedeva al moralismo. Insomma, chiedo perdono per tutte le volte in cui non ho fatto risuonare la Parola, ma l'ho "coperta" con le mie parole, a volte lontane dalla concretezza della vita di tutti i giorni.

Ciò non significa che la Parola non continui a stimolarmi e a risuonare in me. 

Ora, però, è tempo di percorrere altre strade.

Ringrazio chi ha avuto la pazienza di leggermi fin qui.

"Per chi crede, la parola del Vangelo chiede di assumersi il rischio, un giorno o l'altro, di 'avanzare sulle acque profonde' (cfr. Lc 5,4) della realtà, del mondo, della cultura e della società, senza la paura di affogare. Camminare sulle acque è metafora semplice e profonda per esprime il dono della fede che è relazione con uno Sguardo che attira senza sequestrare, affascina senza sedurre, sorregge senza imprigionare" 

(X. Thévenot)

Buona "attraversata" sulle acque a tutte e a tutti.




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