Disappropriazione

Francesco, la povertà che conduce all'Eden
di Enzo Bianchi

in “La Stampa – Tuttolibri” del 25 gennaio 2014

«A [Jorge] Mario Bergoglio, il primo papa col nome di Francesco». Questa dedica aggiunta in esergo al volume di Carmine Di Sante, Francesco e l’altissima povertà (Edizioni Messaggero Padova, pp. 174, € 14,00) è emblematica di un dato cui stiamo assistendo dal marzo scorso, quando il cardinale arcivescovo di Buenos Aires è stato eletto papa, ha assunto il nome del Poverello di Assisi e ha subito affermato quanto gli piacerebbe «una Chiesa povera e per i poveri». Il dato è che 
gli studi sulla figura e il messaggio evangelico di Francesco d’Assisi, che mai si sono arrestati, trovano oggi un’eco amplificata e manifestano anche per il grande pubblico tutta la loro attualità. 
In particolare, gli studiosi più autorevoli hanno posto al centro delle loro riflessioni gli scritti di Francesco stesso, ritrovando così l’unità e la profondità proprie della sua intuizione evangelica e 
liberandone il messaggio universale dai troppi stereotipi che nel corso dei secoli ne hanno successivamente enfatizzato alcune dimensioni. Di Sante, in particolare, affronta la questione 
dell’«altissima povertà», snodo cruciale del radicalismo evangelico di Francesco ma anche fonte continua di conflitti – anche e soprattutto all’interno del mondo francescano – sul modo di interpretarla.
La chiave di lettura proposta dall’autore è messa sapientemente in luce dalla prefazione di Armido Rizzi: per Francesco, la povertà è concepita come «restaurazione della condizione edenica». Un 
ritorno al paradiso terrestre, non in quanto realtà mitica esente da peccato, bensì come riscoperta dell’economia divina originaria, fatta di «dono» – contrapposta alla volontà di possesso e di 
dominio – e, quindi, di «giustizia». In quest’ottica ritroviamo in modo ben più coerente con il pensiero e gli scritti di Francesco, il suo amore per le creature. Questo, infatti, non ha nulla di 
romantico, di bucolico o di ecologico ante litteram, ma è l’espressione della consapevolezza che il creato è testimone privilegiato del Dio che dona la vita all’universo intero, fino a «farsi dono» in Gesù Cristo.
Di Sante percorre gli scritti di Francesco, a partire dal Testamento, in primo luogo per identificare la povertà come «disappropriazione» – dalle cose, dalle cariche, dal denaro, dalla volontà – poi per leggere le difficoltà e le contrapposizioni interpretative sorte già tra i primissimi discepoli del Santo.
Infine l’autore offre un’articolata proposta interpretativa che possiamo sintetizzare in un duplice riferimento alla condizione «paradisiaca» che la povertà francescana evoca con forza: il creato come dono di Dio che rivela la bontà del suo Creatore e, d’altro lato, il creato come vocazione al dono, opera quotidiana dell’essere umano, plasmato a immagine e somiglianza di Dio.
È leggendo pagine meditate ed essenziali come queste che possiamo capire il «fascino» non sentimentale ma evangelico di cui Francesco d’Assisi è portatore ancora oggi, fino al soglio di 

Pietro.

Commenti

Post popolari in questo blog

Con rinnovato stupore

Lo zappatore

Come sentinelle nel cuore della notte