Il Regno secondo Gesù


Basilea. Che bel nome. Basilea è una bellissima città Svizzera, la terza città per importanza del paese, dopo Zurigo e Ginevra. 170mila abitanti, con ben 40 musei, un museo ogni 4000 abitanti. “Basilea” significa “regno”. La Basilea svizzera assomiglia molto ad un regno fatato o almeno ad una città quasi perfetta.

Ecco, quando noi pensiamo al Regno di Dio forse ci viene spontaneo pensarlo un po’ come una città svizzera: una città perfetta. Un luogo pulito e al tempo stesso colorato, silenzioso ed insieme festoso, dove c’è pace e festa. Una città verde ed ecologica, efficiente, con un giusto rapporto tra tasse e servizi, un minimo tasso di criminalità e un alto tasso di occupazione, dove i cittadini sono seguiti da un’amministrazione premurosa e non da una casta di intoccabili ecc. ecc.: Basilea, il Regno di Dio in terra.

È proprio così? Certo, dipende dai gusti. Ma la cosa che conta è che questo è il nostro modo di pensare, o meglio, la suggestione e l’illusione che portiamo segretamente nel cuore. Cioè l'illusione di uno spazio e di un tempo in cui le cose vadano come vorremmo noi. Di fatto questo è l'ostacolo più grande ed è ciò che spesso impedisce al Regno di  Dio di trovare spazio nel nostro cuore.

Quando Gesù inizia il suo ministero pubblico annuncia una Basilea diversa, cioè un regno in cui ci sono altre priorità, in cui la carta costituzionale sono le beatitudini. Un regno che segue un’altra ‘logica’ che richieda una conversione del nostro modo di pensare, una metanoia, una conversione: Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino.  
Il regno dei cieli è il Vangelo vivo del Regno. L’annuncio di Gesù risuona ora, in questo momento per ciascuno di noi: Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino.
Secondo il racconto di Marco, nelle prime parole pubbliche di Gesù non c’è traccia di Dio. Almeno esplicitamente. Certo, il ‘Regno dei cieli’ è il Regno di Dio, ma Gesù inizia il suo ministero in una terra pagana. Parla a gente distante da Dio. Almeno secondo gli altri.
Scegliendo la pagana e periferica regione della Galilea Gesù annuncia la preferenza di Dio per i margini della storia, attraverso una scelta precisa, che viene puntualmente segnalata da Marco attraverso la scansione dei verbi, quasi una progressione nella marginalità, una continuazione della discesa e dello svuotamento (kenosi) iniziata con l’Incarnazione:
si ritirò nella Galilea,
lasciò Nàzaret e andò ad abitare a Cafàrnao,
sulla riva del mare, nel territorio di Zàbulon e di Nèftali,
perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaìa:
«Terra di Zàbulon e terra di Nèftali,
sulla via del mare, oltre il Giordano,
Galilea delle genti!

Già questa scelta parla da sola e le parole confermano i fatti: il regno dei cieli, cioè il regno di Dio, si è fatto vicino. Il Regno ci è vicino perché Dio ha scelto di farsi vicino a noi in un modo veramente incredibile. Un Dio che non parla più nel tempio sacro, in un’atmosfera sacra e distaccata dalla vita dei comun mortali. Con Gesù ed in Gesù Dio esce da se stesso e va incontro all’uomo lì dove di trova. Gesù vive trent’anni in silenzio nella periferia, lavorando e basta. Poi, quando inizia il suo ministero pubblico parte dalla periferia, cioè da quella Gliela delle genti che vuol dire da una regione pagana, disprezzata e ritenuta assolutamente periferica ed irrilevante per gli equilibri economici e politici. Come non pensare a quella Buenos Aires e a quel cardinale venuto dalla fine del mondo e diventato Papa che sta rovesciando la Chiesa come un calzino?
Dio parte dal quotidiano. Parte dal luogo di lavoro. Questo non dobbiamo mai dimenticarlo, se vogliamo dirci ‘cristiani’ secondo il Vangelo. Questo è il vero autentico fascino del sacro e del mistero: non il fumo dell’incenso e di liturgie in latino, ma il mistero di un Dio che esce da se stesso per incontrare l’uomo. E non per giudicarlo o, peggio, condannarlo, ma per salvarlo: Il Regno di Dio è vicino: convertitevi e credete al Vangelo. Questa è la gioia del Vangelo. Quella gioia che cambia la vita e la rende meno triste e meno individualista: hai moltiplicato la gioia, hai aumentato la letizia. Ecco perché possiamo affrontare la vita con le sue durezze, le sue delusioni e le sue sconfitte: Il Signore è mia luce e mia salvezza: di chi avrò timore?

2. Gesù passa e chiama ad andare dietro a lui: Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini. E qualcuno lo segue. Il fatto che siano chiamati dei fratelli è molto bello: dove c’è Dio, c’è anche la fraternità. Ci sono anche gli altri. Non ci sono solo io e Dio. Ci sono io, Dio e gli altri. E il Signore mi può parlare anche attraverso gli altri, anzi spesso fa così. E così Pietro, Andrea, Giacomo e Giovanni, i primi quattro discepoli, lasciano la barca e il padre, cioè le loro sicurezze e i loro affetti, le loro famiglie (erano sposati) per seguire il misterioso ed affascinante rabbino che è arrivato da poco a Cafarnao. «Un colpo di testa» avranno pensato, perplessi, le mogli. Le malelingue, poi, avranno sparso il loro veleno: «Cos’è questa storia? Un rabbino autodidatta che non ha studiato in nessuna scuola e che si sceglie lui i discepoli e per giunta quattro pescatori ignoranti?», avranno pensato. E la conclusione è sempre la stessa: «Ma questo è uno che rovina le famiglie. Niente di buono». Così avranno pensato le malelingue ipocrite e benpensanti al tempo di Gesù.
Ma il Regno non viene dall’esterno. Il Regno viene nel cuore, perché il territorio del regno di Dio è lo spazio del cuore.


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