Quinta domenica di Quaresima

"Vieni fuori!"
Serve un potente grido per stanare dalla tomba il povero Lazzaro. Ma Lazzaro è solo il 'pretesto'. Di lui il testo non riporta nulla. Non una parola. E l'apparente freddezza con cui Gesù lo congeda (Liberatelo e lasciatelo andare) inibisce qualsiasi interpretazione troppo - o solo - 'affettiva' del testo, che pure non manca di segnalare senza veli la vera umanità di Gesù che ama e piange. La differenza la fanno Marta e Maria. Soprattutto Marta. Lo si capisce. Quando si ama non servono molte parole.
Gesù voleva bene a quei tre fratelli: Marta, Maria e Lazzaro. C’era un legame forte tra loro. Ma la prova della morte di Lazzaro provoca un passaggio ulteriore nel riconoscere Gesù non semplicemente come un caro amico da custodire gelosamente e da proteggere, un rabbino sensibile alle relazioni umane. Solo la morte svelerà a Marta il volto di Gesù come il Signore della vita. All'inizio Marta rivendica una presenza esclusivamente affettiva e quasi scaramantica del Signore: Signore, se tu fossi stato qui…Come se la sua vicinanza fosse un amuleto contro la morte. Ma non è questo il modo di essere presente di Gesù. La sua Presenza non dispensa dalla morte, ma si manifesta nella morte: Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Non era proprio quel rinascere "dall’alto" chiesto a Nicodemo? Le parole della fede di Marta sono sobrie, ma soprattutto sono asciugate da ogni pretesa: Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo. Tutto qui. Non un'idea, ma un dialogo di risurrezione. 

Commenti

Post popolari in questo blog

Con rinnovato stupore

Lo zappatore

Come sentinelle nel cuore della notte