Terza domenica di Pasqua

Noi speravamo...Quando è declinato al passato, il verbo della speranza diventa sinonimo di delusione, di tristezza, di amarezza.
Il cuore dei due discepoli sulla strada è arido come la polvere che calpestano. La loro ricostruzione è puntuale ed onesta (le nostre autorità lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e lo hanno crocifisso), ma quel Noi speravamo tradisce in modo umanissimo l'emozione di un attesa segreta ed in fondo tradita - almeno dal loro punto di vista: quel Gesù ci ha ingannati, ci ha deluso. Proprio mentre camminano a capo chino come due reduci della vita, il Maestro si fa nuovamente discreto compagno di strada e poi fine pedagogo di un evento, quello della Pasqua, che per dischiudere la sua potenza di vita chiede prima di attraversare fino in fondo ogni morte, ogni disillusione, ogni fatica. Anche quelle del discepolo della prima ora e del lungo corso. Quel pane spezzato richiama alla memoria la profezia di una fraternità che non è mai pienamente posseduta, ma che è da ritrovare sempre e di nuovo attraverso un racconto che è intriso di vita: ed essi narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l'avevano riconosciuto nello spezzare il pane. Lui nel frattempo se n'era andato perché imparassero a riconoscere i riflessi di quel Volto nei fratelli.

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