Calcoli e promesse
Le letture bibliche della domenica della s. Famiglia presentano una
certa varietà di protagonisti, tutti poco 'convenzionali': la famiglia anziana, quella di Abramo e di Sara, che hanno un problema di sterilità. Una famiglia più giovane, ma un po’ speciale, quella di Giuseppe e Maria. Poi c’è una vedova, Anna, e un
profeta - probabilmente celibe -, Simeone. Nessuna esaltazione della cosiddetta 'famiglia tradizionale'. Di tutti i protagonisti viene esaltata la fede, più che la condizione o lo stato di vita.
Abramo e Sara hanno un problema. Dio ha promesso un figlio, ma questo figlio non arriva. Da qui la
desolazione di Abramo: Io me ne vado
senza figli. È una desolazione profonda, un misto di delusione e di rabbia
verso Dio. Perché non realizza la sua promessa? Se l’è inventata lui la storia
del figlio. Perché adesso mi pianta in asso? Quante volte anche le nostre
preghiere sono un po' così, frutto della delusione e della rabbia. In questo momento di crisi - come spesso capita nella vita -, Abramo vien invitato a uscire fuori dalla sua tenda e gli viene detto di guardare
in cielo e contare le stelle. Abramo cosa fa? Si emoziona?
Non lo sappiamo. La Scrittura è asciutta circa i sentimenti dei suoi
protagonisti, ma ci viene detto l’essenziale: Abramo credette al Signore, che glielo accreditò come giustizia. La promessa è irriducibile al calcolo. Essere “giusti e pii” come Simeone vuol dire essenzialmente questo: fidarsi. Fidarsi
di una promessa che vale più di mille calcoli. Fidarsi di una misteriosa Presenza che si nasconde nelle pieghe del quotidiano, ma che è capace di guarire lo sguardo.

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