La gioia di appartenere

In un’umanità dove si fanno soldi sulla pelle della povera gente («Immigrati che rendono più della droga»), che spezza con violenza le vite innocenti di bambini, che uccide ragazzi nelle scuole in nome di Dio, l'incarnazione del Verbo appare come mossa rischiosa e pericolosa. Facendosi uomo, Dio si fa povero, si spoglia. Si compromette. Entra a far parte di un’umanità che in cui a fatica si riconosce la traccia sfigurata dell'Immagine. In questa umanità - e non in un’altra -, l'Eterno rinnova la sua fedeltà e la sua promessa: Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo.
Noi siamo suo popolo, apparteniamo a Lui: Egli ha dato se stesso per noi, per riscattarci da ogni iniquità e formare per sé un popolo puro che gli appartenga, pieno di zelo per le opere buone. L'appartenenza rinvia al linguaggio dell'amore. Una delle dimensioni più forti dell’amore – forse la più forte - è proprio l’appartenenza. Chi ama vuole appartenere all’altro ed essere considerato appartenente all’altro. Quando tra due persone questa dimensione è vissuta in modo sano è un riflesso dell’amore infinito di Dio. Quando è distorta diventa possesso soffocante.
Nel mistero del Natale Dio ci consegna il suo Figlio perché guardiamo a Lui per capire cosa significa appartenere a qualcuno e vivere un’appartenenza che non conosce il sapore amaro del fallimento, dall’abbandono e della delusione.
Ci è stato dato un figlio, perché anche noi ci riconosciamo figli e impariamo a vivere da figli, con sobrietà, con giustizia e con pietà. In questo modo non solo si rifletterà ora sul nostro volto il suo splendore, ma potremo un giorno partecipare alla sua gloria nel cielo.


Buon Natale!



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