Divorzio breve, ferite lunghe

Libertà di scelta e meno vincoli sociali (ma più solitudine)

Sarà forse un effetto generazionale: pare che il Parlamento in carica si sia innamorato della velocità. Dopo che, con il Jobs act, ha reso più flessibili i rapporti di lavoro a tempo indeterminato, ora, con il divorzio breve, ha accelerato i tempi di scioglimento del matrimonio. Come a dire: dato che facciamo sempre più fatica a stare insieme — lavoratori e imprese, mariti e mogli — rendiamo più facile dirsi addio. Sperando così di stare tutti meglio. Il tempo
ci dirà se questa decisione ci farà davvero più felici. Sappiamo però che, nell’epoca in cui si celebrano la velocità e la flessibilità e nel quale si ama lo splendore dei ricominciamenti, il divorzio breve si conforma perfettamente allo spirito del tempo. Non a caso, il provvedimento ha raccolto consensi trasversali: nessuna forza politica ha esplicitamente preso una posizione contraria. 
Nell’epoca in cui tutto è ridotto al codice unico del rapporto contrattuale, la durata e la lentezza non sono più delle virtù. L’essere umano ha straordinarie capacità di adattamento. Si adatterà anche ad un modello sociale in cui dal matrimonio a vita si passa al rapporto a termine. In cui, cioè, cambia la natura del legame sociale tra persone e tra generazioni. Più libertà di scelta individuale, minori vincoli sociali. Dovremo tutti essere più capaci di sopravvivere a rapporti instabili, sforzandoci di essere sempre all’altezza. E saremo chiamati a pagare l’ebbrezza dell’autonomia con la moneta amara della solitudine. 
Acrobati del senso, dovremo sopportare molte cadute e combattere la futilità. Saremo forse più autonomi, ma ci risulterà più difficile avere la pazienza che richiede il prenderci cura l’uno dell’altro o comprendere le esigenze della sostenibilità. Tutto questo lo si vedrà poi. Per oggi, come dice il poeta, «chi vuol essere lieto sia, del doman non v’è certezza».


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