Un silenzio assordante

Gesù ha inviato i dodici a due a due a due, dunque sei coppie e ha dato loro potere sugli spiriti impuri. È stato tassativo: niente merenda e niente bancomat. Solo un bastone e un paio di sandali. Soprattutto li ha invitati ad assumere uno stile di totale gratuità, così che nessuno possa accusarli di tentata vendita di un nuovo prodotto. Nemmeno la polvere deve restare attaccata ai loro piedi, in modo che nessuno possa dire che hanno portato via qualcosa. Non portano via nulla, ma offrono la pace.
Al ritorno, probabilmente c’è una certa euforia nel gruppo. Soprattutto c’è voglia di raccontare tante cose, tante situazioni, successi e fallimenti. Gesù li ascolta un po’ e poi li invita a riposare in disparte, da soli, in un luogo deserto. Lui è il buon pastore, si prende cura dei suoi, ma anche delle folle: erano infatti molti quelli che andavano e venivano e non avevano neanche il tempo di mangiare. Ma di fronte alla grande folla Gesù è mosso da sentimenti di compassione, non di rabbia, perché il suo sguardo è quello del buon pastore: E si mise ad insegnare loro molte cose. La compassione di Gesù per l’umanità è alla radice della sua missione sia come rivelatore del Padre che come salvatore. 
E noi come possiamo e dobbiamo comportarci? Dobbiamo stare in silenzio?
Ma oltre al dovere civile e costituzionale di accoglienza, la nostra coscienza cristiana cosa ci dice di fare? Possiamo lasciare il vangelo sugli amboni delle chiese senza portarlo fuori nelle strade e nelle case...? Sono proprio i contesti drammatici che fanno emergere la verità delle Certo, solo Gesù può dire: “Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro” (Mt 11,28). Noi no. Però il rischio è quello di diventare silenziosi complici di una società sempre più arrabbiata e sempre più disumana, quindi poco compassionevole. Poco misericordiosa.


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