Cinquant'anni di Gaudium et spes
Un nuovo stile di Chiesa
A pochi giorni dall'anniversario dei cinquant'anni della conclusione del Vaticano II (1965-2015), che apre il Giubileo della misericordia, è importante fare memoria del nuovo stile di Chiesa voluto dai Padri conciliari. Uno sguardo ad uno dei testi più emblematici del concilio può aiutare.
La costituzione pastorale Gaudium et spes
non si presenta come un testo piatto e sempre uguale. I suoi 93 numeri
contengono delle ‘cime’ e delle ‘valli’, cioè dei passaggi decisivi che
inaugurano un nuovo stile di Chiesa,
un nuovo modo di abitare il mondo da parte dei credenti, superando le
contrapposizioni o antinomie moderne ereditate dalla storia recente (tra Chiesa
e Stato, ma anche tra libertà e grazia). Secondo alcuni commentatori si tratta
del documento il più rappresentativo del Concilio Vaticano II perché segna una
sorta di «rivoluzione copernicana» (L. Sartori). In effetti un testo che tenta
coraggiosamente il guado delle antiche contrapposizioni senza però approdare né
ad una visione ingenuamente ottimistica né apocalitticamente pessimistico. I
Padri propongono una visione messianica
della realtà e della storia perché attinge al disegno di salvezza che ha in
Cristo il suo centro, senza togliere l’effettiva consistenza dei drammi e delle
speranze degli uomini e delle donne di oggi (cfr. GS 1).

La
Chiesa dunque non si pone più né ‘di fronte’ al mondo, in atteggiamento di
opposizione, né ‘accanto’ al mondo in segno di una solidarietà solo umana, ma nel mondo, al fine di stabilire la
«fraternità universale» che corrisponde alla vocazione dell’uomo e della Chiesa
stessa (GS n. 3). Come non sentire l’eco di questa fraternità nelle parole dell’Evangelii Gaudium quando Francesco
richiama alla «fraternità mistica,
contemplativa», che sa guardare alla «grandezza sacra del prossimo» e «scoprire
Dio in ogni essere umano» (EG 92)?
I
Padri conciliari offrirono ai loro contemporanei una visione messianica della storia in cui tutto converge al bene nella
certezza che tutti gli uomini sono creati e amati da Dio Padre perché in Cristo
sono amati e destinati a trasformarsi in quell’umanità compiuta e perfetta che
è l’umanità del Figlio. I «problemi urgenti»
segnalati nel testo (cfr. nn. 46-90) sono oggetto del continuo aggiornamento dell’agenda ecclesiale: la
dignità della famiglia, la promozione della cultura, lo sviluppo economico, la
politica, la promozione della pace. Sono i temi di sempre perché l’intenzione
di Padri è fare dell’uomo la via della Chiesa, riconoscendo la mediazione antropologica e relazionale
della fede. Non si tratta di applicare dei principi astratti alla realtà umana,
ma di leggere con gli occhi della fede l’esperienza umana come tale. Questo
non significa che il documento ha una minore ‘autorità dottrinale’ rispetto
alle altre costituzioni esplicitamente dogmatiche, ma che tutta la realtà e la storia è interpretata alla luce del
mistero di Cristo e delle nuove relazioni che nascono da questa sorgente.
L'arcivescovo
di Cracovia Karol Wojtyla, al ritorno dal Vaticano II, disse: «È stata una
rivoluzione». In effetti Gaudium et spes raccoglie i
frutti di una lunga ‘fermentazione’ teologica, caratterizzata dal vivace
confronto tra personalità di spicco tra le quali B. Chenu,
Y. Congar, H. del Lubac, K. Rahner, J. Ratzinger e G. Dossetti, solo per citare
alcuni nomi. Da questa feconda ‘fermentazione’ emerge un nuovo stile, in cui la
Chiesa non si presenta più al mondo solo
come ‘madre e maestra’, ma si fa anche compagna di strada dell’uomo contemporaneo
(cfr. 44).
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