Vuoto a rendere

Due barche a riva dopo una giornata sterile con le reti vuote - in realtà piene di tutto tranne che di pesci - sono l'icona emblematica di un fallimento a cui ci si rassegna presto (cf. Lc 5,1-11). Come molte altre volte sarà capitato, Pietro e i suoi compagni si mettono a lavare e pulire le reti riempite dalla sporcizia di una pesca andata a vuoto. Operazione che richiede molta pazienza e tempo, il tempo necessario per incassare il fallimento, assaporare l'amarezza della giornata e ritrovare fiato e voglia per ricominciare. Ma a volte lo spazio e il tempo del fallimento diventa un luogo di rivelazione, in cui viene donata la Parola.
Infatti in quel tempo e in quello spazio propri del fallimento accade l'imprevisto. Quel bizzarro rabbino chiede di poter utilizzare la barca come pulpito. Ma si può accontentarlo. In fondo non chiede la luna. Chiede solo di accostare un poco la barca in mare. Chiede qualcosa di possibile. Poi, però, chiede qualcosa di diverso e di strano. Anzi, qualcosa di decisamente assurdo: gettare ancora le reti. A parte il fatto che erano appena state pulite, ma poi a che pro? Non si pesca a quell'ora. Che incompetente questo rabbino! Eppure l'imprevedibile accade. Forse perché qui non è questione di competenze, ma di fiducia...
In misto di stupore e paura Pietro vuole mettere le distanze: Allontanati da me, che nel testo originale suona come Esci da me. è una presa di distanza del cuore prima che del corpo. Il vero peccato non è il limite, ma il chiudersi, il voler prendere le distanze da una Presenza percepita come autorevole, inafferrabile e sorprendente.
Il problema non sono i nostri vuoti.Tutto sta nel saper scorgere la misteriosa Presenza che li abita.




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