Prendersi cura

Per la sensibilità occidentale - e in particolare quella veneta e nordestina - la domanda dell'anonimo dottore della Legge che appartiene a tutt'altro contesto storico e culturale («Cosa devo fare per avere la vita eterna?») suona tutto sommato molto 'sintonica'. Ci viene spontaneo infatti essere in sintonia con il misterioso interlocutore di Gesù perché pone una domanda pratica: "Come si fa a...?" Modello istruzioni per l'uso. Sembra quasi scontato il rapporto con Dio e chiede chi è il prossimo. Avrebbe potuto chiedere: E come si fa ad amare Dio con tutto il cuore, con tutte le forze e con tutta la mente? E invece chiede del prossimo: «E chi è il mio prossimo?».
Certamente l'attenzione dell'evangelista va sulla linea del Vangelo dell'amore, la rivoluzione della tenerezza, il farsi prossimo… diciamo che c’è molta enfasi su questi temi. Paradossalmente se ne parla molto, ma la si vive poco, questa compassione. Almeno nelle forme pubbliche. Vediamo la fatica con i migranti, per esempio. 
In fondo il rischio è sempre quello di cadere in una lettura moralistica e volontaristica del Vangelo. Chi è capace di prendersi cura così...? Abbiamo un lungo elenco di "santi della carità", ma fatichiamo ad esercitarci noi stessi nel prenderci cura gli uni gli altri, senza cadere in vittimismi o facili colpevolizzazioni. Insomma, in una parola, ad essere veramente uomini e donne e non fantomatici 'operatori' della carità o della pastorale...prendersi cura, fasciare, perdere tempo. Sono gesti concreti, non pianificabili. Ma questo comporta dei rischi non calcolabili. 
L'unità tra amore di Dio e amore per il prossimo non è così scontata. Se è in crisi il rapporto con Dio inevitabilmente giriamo lo sguardo dall'altra parte per non vedere il nostro prossimo (E vide e passò oltre...). Chi vede e prova compassione è Gesù, che la liturgia definisce in modo singolare come "il buon samaritano del mondo".
Per poter riconoscere il nostro prossimo e le sue ferite dobbiamo avere uno sguardo guarito, purificato da tutto ciò che ce lo fa vedere come estraneo, sconosciuto o addirittura competitor, o persino nemico.

Per prenderci cura del nostro prossimo dobbiamo lasciare che il Signore fasci con compassione le ferite del nostro cuore e della nostra vita, che facciamo esperienza diretta del suo amore misericordioso. La vita eterna non è un rapporto intimistico con Dio, una solitudine beata (beata solitudo), ma una comunione in cui ritrovare i legami perduti (una beata communio) nel segno della compassione e della tenerezza.


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