Ce n'è per tutti

Nel contesto del Giubileo della misericordia questo Vangelo (cfr. Lc 13,22-30) appare al primo impatto come una nota stonata: la porta è stretta. Appena udiamo questo aggettivo il cuore si allarma perché immagina subito che ci siano degli sforzi da fare, delle condizioni da onorare, dei canoni da rispettare. Misericordia, sì, ma con molti "Se" e "Ma"...? Ancora una volta il Signore rovescia le nostre prospettive - queste sì molto strette! - frutto di un'immaginazione ferita dal peccato e quindi dalla sfiducia. L'immagine della porta stretta non allude a un problema quantitativo (larga o stretta, pochi o molti che si salvano), ma ad un passaggio - una Pasqua! - da vivere. 
La posta in gioco è l'autenticità di un amore - una relazione - con il Signore che si snoda sui binari dell'esperienza della fede (abbiamo mangiato e bevuto come icone eucaristiche e l'insegnamento nelle piazze come annuncio), ma che se non si fa piccola e semplice rischia di rimanere invischiata in una logica mondana e quindi di non accedere e passare per quella porta che è il mistero pasquale, fatto di croce, abnegazione, spoliazione. 
Il segreto di Dio - che riguarda tutti e non esclude nessuno, ma il cui accesso è riservato a chi accetta questo modo così impensabile di salvezza - è racchiuso in questo paradosso: lo sforzo consiste nel non fare nulla, ma semplicemente nell'accogliere questa via di salvezza e non cercarne altre. Dio non esclude nessuno e non chiude mai la porta in faccia a nessuno. Ma le dimensioni della porta le decide lui. Per il nostro bene. Perché il bene di uno non è mai contro quello degli altri. Nel suo amore tutti siamo amati nella nostra personale unicità. Per questo solo il suo amore salva.


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