Il viaggio
Nella festa dell'Epifania il viaggio di Dio verso l'uomo, iniziato nella periferia di Nazaret, si allarga a tutta l'umanità: in Gesù il mistero di Dio, nascosto nei secoli eterni, si manifesta a tutti i popoli. Ti adoreranno Signore, tutti i popoli della
terra.
Tutti i popoli sono chiamati a condividere questa gioia e a non ridurla ad un'identità etnica o nazionale: le genti sono chiamate, in Cristo Gesù, a condividere la stessa eredità, a formare lo stesso corpo e ad essere partecipi della stessa promessa per mezzo del Vangelo.
La promessa è la stessa per tutti. Non c'è più un "noi" e un "loro".
Il viaggio è unico per tutti.
Ma tutto ciò avviene nella tumultuosa e drammatica centrifuga della storia.
Il profeta
Isaia annuncia la venuta della luce e della gloria in una situazione di grande
difficoltà, che viene rappresentata in termini poetici: la tenebra ricopre la terra,
nebbia fitta avvolge i popoli. In quel momento in cui scrive Isaia ha davanti a
sé non una città, ma delle macerie. Gerusalemme è stata distrutta. Eppure tra
quelle macerie vede sorgere una luce che illumina tutti i popoli. È la forza
della profezia. La Chiesa legge in quelle parole la profezia della venuta di
Cristo, che è luce delle genti e dei popoli. Di tutti i popoli.
Questa gioia risalta sullo sfondo
drammatico della nostra storia. La storia dell’umanità è sempre attraversata da
grandi drammi, da costruzioni e distruzioni, movimenti di concentrazione e di
dispersione. Anche oggi, nei nostri
giorni, la nebbia avvolge non solo i popoli, ma il cuore delle persone,
talvolta anche la mente…soprattutto quando si esasperano gli animi. Pensiamo a
quel grande cimitero collettivo che è diventato il Mediterraneo, con i suoi
4.220 morti al 25 dicembre 2016. Nel 2015 sono stati 3771. La somma è pari a
quasi 8.000 morti in due anni.
Solo numeri...?
Gli episodi di
insofferenza e di tensione in relazione all'accoglienza dei profughi sono indice della fatica di restare umani, in momenti di grande tensione.
Cosa ci dice il mistero dell’Epifania?
Noi non vogliamo ascoltare la "pancia" ma a la stella che ci indica il mistero di Cristo e l'umanità nuova che risplende alla sua luce.
Noi non vogliamo lasciarci che
prevalga ancora una volta la violenza e l’inganno di Erode.
La speranza non si arresta mai.
Il viaggio continua!
Carissimi fratelli e sorelle immigrati,
vi esprimiamo l’augurio che in questa nostra terra possiate trovare
sempre più condizioni favorevoli di vita e di lavoro, e possiate sperimentare
la solidarietà di tante persone.
Vi ringraziamo per la vostra testimonianza cristiana e per il vostro
sereno inserimento nella nostra chiesa di Treviso.
Il Signore vi ricolmi delle sue benedizioni.
Gianfranco Agostino Gardin, vescovo di Treviso
6 gennaio 2017
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