Silenzio e luce

Pagina intensa e misteriosa quella della trasfigurazione (cfr. Mt 17,1-9), in cui si racconta come Gesù fu trasfigurato (letteralmente: fu "metamorfizzato"). 
Intensa perché c'è la luce, ci sono Mosé ed Elia, ma soprattutto c'è la voce del Padre. Gli 'ingredienti' giusti per una teofania di tutto rispetto. Ma è altrettanto misteriosa perché il Tabor non è il Lingotto. Non è il luogo delle convention. Gesù infatti non parla. Non dice nulla. Né all'inizio, salendo, né nel momento clou. Non dice proprio nulla e il testo omette la reazione dei discepoli di fronte a questo silenzio come se quell'anticipo di risurrezione fosse un fuori programma che si consuma nella più totale passività. In ogni caso, più che un vedere, qui si tratta di ascoltare.
Per Lui parla il Padre, il quale ribadisce quanto già detto nel momento del Battesimo e soprattutto quella finale: Ascoltatelo. Eppure Gesù, almeno in quel momento, come quella volta al Battesimo, non parla. Non fa discorsi. Non urla. Non fa dichiarazioni. Nulla. Silenzio. E questo aumenta il mistero.
Semplicemente si avvicina ai suoi discepoli impauriti e li invita a rialzarsi, come farà più avanti nel dramma dell'Orto degli Ulivi: Alzatevi, andiamo.
Gesù non parla per sé, ma compie tre mosse molto delicate: si avvicinò, li toccò e disse. Prende lui l'iniziativa, si avvicina ai suoi discepoli, li tocca e rivolge loro la parola. Si prende cura di loro concretamente. Li ha portati lassù senza fornire loro alcuna spiegazione e nel momento di scendere quasi li minaccia di non parlare.
Perché?
Perché Gesù vive tutto questo nell'obbedienza al Padre, un'obbedienza d'amore che non conosce timore e false paure. E che chiede uomini liberi.



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