Senza calcoli

La prima cosa da osservare sulla “parabola dei talenti” (cfr. Mt 25,14-30) è il significato dell’espressione “talento”, che nel linguaggio comune equivale a “dote”, “capacità”, "dono"... Nel contesto del brano invece è una unità di misura, equivalente a circa 34,2 kg. Un talento poteva essere di argento oppure oro, quindi è segno di grande abbondanza riceverne anche uno solo...!
Nel gioco di immagini della parabola, l’uomo che parte per un viaggio rappresenta Gesù stesso, che con la sua morte-risurrezione-ascensione lascia i suoi discepoli affidando loro i misteri del Regno. L’abbondanza dei talenti si riferisce alla ricchezza del Vangelo e del Regno inaugurato da Gesù. Essi rappresentano l'"investimento" di Dio per ogni cuore, in un certo senso tutto quello che serve per "fare" un "cristiano".
In questo senso, il "servo malvagio e pigro" è colui che ha messo da parte il dono della fede per paura, a motivo di un'immagine distorta di Dio....la potenza di vita del Vangelo rimane sotto traccia se manca la fiducia. Sì, perché in gioco non ci sono metalli, per quanto preziosi, ma la vita! Il servo si chiude in se stesso, per paura che troppo gli venga richiesto e così manifesta la sua sfiducia.
In fondo è come dire: “So che ho un tesoro, ma non mi fido di chi me l'ha donato...". Questa sfiducia impedisce di gustare il calore della sua Presenza. 
L’insidia maggiore per il sogno di vita che Dio ha per l'uomo è solo la paura di quest'ultimo. Perché per il Padre (almeno per lui!), il fondo del Tesoro non ha vincolo di bilancio.

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