Come l'argilla

Con l'Avvento la Parola, che certo non è mai “ordinaria”, si fa più pressante, più urgente: vegliatevegliatevegliate! (cfr. Mc 13,33-37). Sottraendosi con discrezione all'imperativo dell'immediatezza e del tutto e subito, chi accoglie questa Parola come propria bussola interiore è invitato ancora una volta al silenzio, all'ascolto, a vivere il tempo dell'attesa. Non della "magia" del Natale, resa merce commerciale, ma dell'incanto di un incontro che avviene nel segreto del cuore.
Il primo movimento della vigilanza è prendere coscienza della propria lontananza da Dio, come ricorda il profeta (cfr. Is 63,16-17):

Perché, Signore, ci lasci vagare lontano dalle tue vie
e lasci indurire il nostro cuore, cosi che non ti tema?

La constatazione della propria lontananza diventa quindi invocazione:  

Ritorna per amore dei tuoi servi,
per amore delle tribù, tua eredità.

L'invocazione poi sfocia nel grido dell'orante: “Se tu squarciassi i cieli e scendessi!” (Is 63,19). La consapevolezza della lontananza trova la sua radice nella scoperta - talvolta amara, ma sempre veritiera - della propria fragilità. Una fragilità mai abbandonata a se stessa, ma amata in profondità da Colui che non misura i propri sforzi e che non fa mai calcoli:

Signore, tu sei nostro padre;
noi siamo argilla e tu colui che ci plasma,
tutti noi siamo opera delle tue mani.




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