Il risvegliatore

Il tempo è compiuto, il Regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel vangelo (Mc 1,15). 
A venti giorni dall’inizio del nuovo anno incontriamo un testo in cui Gesù annuncia un nuovo inizio. E per farlo introduce il termine "vangelo", una parola con la quale abbiamo troppa confidenza e abitudine. Ci siamo talmente "assuefatti" al cristianesimo e al suo lessico ("Vangelo", "croce", "salvezza"...) al punto che quelle parole non risuonano più nelle nostre orecchie come uno squillo di tromba.
Ci viene in soccorso un sano aggiornamento etimologico. 
Il termine "vangeli" (al plurale) appare per la prima volta nell’Odissea (IX sec. a.C.) e in Senofonte (IV sec. a.C.), con un significato a cui non siamo abituati, perché indica la ricompensa o la mancia data a chi ha recato una buona novella, come per esempio la salita al trono di un sovrano o la buona riuscita di sacrificio offerto agli Dei (Treccani). 
Marco e gli altri evangelisti riassegnano a questa parola un significato in parte simile, ma in parte radicalmente nuovo. Non è una notizia come le altre: è l’annuncio dl Regno da parte di Gesù. Le sue prime parole pubbliche sono dense. Vengono da un lungo silenzio, quello dei trent'anni di vita a Nazaret. Vita concreta, di lavoro e di preghiera. Vita da "laico", diremmo noi oggi. 
A noi per tante ragioni ci possono sembrare in un certo senso parole “astratte” e "lontane" (per i motivi di cui sopra). Esse invece risuonano come una "sveglia": parlano di un tempo che è "compiuto", di un "Regno di Dio" che è vicino e in nome di queste due condizioni invita alla conversione: convertitevi e credete al Vangelo
Per cercare di "rompere la placenta" dell'abitudine e svelare il segreto celano queste parole ormai così "usurate" basta ricordare una scena. 
Chi non ricorda il celebre film di "molti" anni fa (era il 1990) con Robert De Niro, trasposizione cinematografica del romanzo-bestseller di Oliver Sacks Risvegli? Il film (Awakenings) raccontava di pazienti affetti da Parkinson che ad un certo punto, grazie ad una terapia farmacologica, ma anche relazionale, si risvegliano dallo stato catatonico. 
In un certo senso, per capire la portata del termine Vangelo, possiamo dire che anche noi siamo come "dormienti" o in uno stato "catatonico". Questo è l’effetto del peccato, che mette quella patina di tristezza e di monotonia su tutte le cose, una sorta di liquido "amniotico". Tutti sanno che se quel sacco non si rompe, il bambino muore e ciò che per lui prima era motivo di vita, diventa possibilità di morte. Il cristianesimo è tutto qui. L'annuncio del Regno suona come una "rottura" o una "ferita" (Arnoldo Mosca Mondadori). Gesù è Colui che viene a "svegliarci" e a rompere il sacco dove ci troviamo: è tempo ormai di svegliarvi dal sonno, scrive Paolo, richiamando le comunità che aveva fondato.

Gesù potrebbe farlo da solo, il "risvegliatore", però sceglie di coinvolgere altri. Non tanto per un motivo strategico di "espansione". Vuole coinvolgere altri in questo annuncio perché Lui è il primogenito di una moltitudine di fratelli. Ha bisogno di collaboratori, di qualcuno che si unisca a Lui nel "pescare gli uomini" dalle acque del peccato, del non senso, dell’infinita tristezza… 
Gesù non è solo. L’annuncio del regno coincide con una serie di chiamate e quindi di relazioni, che partono dall’iniziativa di Gesù. Prende lui l’iniziativa, non chiede il permesso: Venite, vi farò pescatori di uomini. L’incontro con Gesù diventa per i discepoli l’inizio di un tempo nuovo per la loro vita. Da quel momento niente sarà più come prima. È la potenza della chiamata che hanno sentito e a cui hanno aderito. I primi discepoli lasciano la loro casa, i loro affetti, i loro progetti e il loro lavoro per seguire uno che ancora non conoscono bene, ma che li convince e per questo si lasciano coinvolgere e a loro volta coinvolgono altri.
Oggi abbiamo un estremo bisogno di questi "risvegliatori" coinvolti e coinvolgenti, capaci di raccontare il mistero del Regno anche oggi.



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