La gloria del corpo
Nel cielo si combatte ancora, ma la battaglia è già stata vinta.
In questa apparente contraddizione è incastonata la festa dell'Assunzione di Maria, innalzata "alla gloria del cielo in corpo e anima". Prima l'uno (il corpo) poi l'altra (l'anima). Stando alla liturgia, il corpo "precede" l'anima, contrariamente al modo comune (platonico) di presentare la coppia di termini.
Il testo dell'Apocalisse è un invito ad alzare lo sguardo per contemplare due segni: quello "grandioso" della "donna vestita di sole" (Ap 12,1) e quello più inquietante di "un enorme drago rosso" (Ap 12,3).
I due segni appaiono insieme e non può essere diverso: nel tempo della fine, che è il nostro, è in atto uno scontro drammatico tra la vita e la morte e la liturgia riconosce nell'umiltà di Maria, madre in quanto discepola, il segreto della vittoria.
Sì, perché il Dio di Gesù Cristo è quello che ha definitivamente rovesciato i potenti dai troni ed ha innalzato gli umili (Lc 1,52). Il Padre ha fatto la sua scelta: ha scartato "i superbi" e i "ricchi" e ha scelto gli "affamati" e "quelli che lo temono". Di certo non è un Dio generalista a cui va bene tutto.
Ed il segno limpidamente pasquale della vittoria definitiva sul male e sulla morte è il corpo glorioso di Maria, trasfigurato dalla luce della risurrezione.
Il Padre ha scelto il corpo di una donna per promettere nel Figlio di poter condividere la stessa gloria. Per poter finalmente un giorno riabbracciare il corpo dei fratelli e sorelle che abbiamo salutato tra le lacrime su questa Terra. In quel giorno riceveremo la vita senza fine e senza dolore.
Nel frattempo Maria ci accompagna con il suo sorriso di madre.
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