Il sondaggio

Settembre, mese dei sondaggi. Si prepara la battaglia d'autunno.
Chissà se era settembre anche quella volta. Sicuramente dev'essere stato un momento di grande tensione. Qualcosa che era rimasto impresso a tutti, non solo un ricordo di Pietro passato attraverso un pizzino a Marco. Tutti e tre i Vangeli (sinottici) concordano nel segnalare che quella volta Pietro l'aveva sparata grossa e Gesù lo aveva rimesso al suo posto. Una prova "muscolare", come si usa dire.
Tutto era iniziato in modo innocuo. 
Ad un certo punto del suo "viaggio-scuola" verso Gerusalemme, Gesù ha voluto sondare il terreno tra i suoi discepoli. Dopo qualche tempo di cammino insieme, rivolge loro una domanda famigliare per noi (spesso bulicamente preoccupati per noi stessi), ma decisamente inconsueta sulle sue labbra: "La gente chi dice che io sia?" (Mc 8,27). Ma come? Anche Gesù era nevroticamente ossessionato dal suo ego? Non era una domanda da lui. Ed infatti era solo preparatoria della vera domanda: "Ma voi chi dite che io sia?" (Mc 8,29).
Gesù, osserva Marco, domandava loro (Mc 8,29). L'imperfetto lascia intendere un'azione continuata nel tempo. Forse perché alle domande decisive non basta rispondere una volta sola. Un po' come fanno gli innamorati: "Mi ami…?" 
Non bastano nemmeno le risposte "giuste", come quella di Pietro (Tu sei il Cristo), ma che non hanno ancora il sapore (e l'odore) di una storia. Ed ecco pronto il terreno per una sequenza di infiniti e di participi di una storia dal finale al cardiopalma: dover soffrire, essere rifiutato, venire ucciso. Alla fine della sequenza un infinito che è barlume di luce: risorgere. Ma per i discepoli (Pietro in primis) quell'ultimo verbo è come se non fosse mai stato pronunciato: gli altri verbi che lo precedono lo hanno fagocitato!
Gesù faceva questo discorso apertamente, cioè con franchezza (parresìa), infischiandone dei sondaggi. Non è uno che fugge, il Maestro. Sono per la sua taglia le parole del profeta: non ho opposto resistenza, non mi sono tirato indietro, non ho sottratto la faccia (Is 50,5-6). Ascoltate in un tempo in cui fuggire dalle responsabilità della vita è diventato sempre più frequente, è una scelta controcorrente. 
Pietro, però, non ci sta. Il suo personale indice di gradimento nei confronti della persona di Gesù sprofonda come in un qualsiasi venerdì nero: e si mise a rimproverarlo (Mc 8,32). Come spesso capita quando pretendiamo di voler insegnare a Dio a fare il suo mestiere, l'esito è fallimentare. Ma quello di Gesù non è un allontanamento. Casomai un ricollocamento (va' dietro a me). E' quello il posto del discepolo. Il resto viene dal Diavolo. 
D'altra parte, è solo camminando dietro, che si va avanti. Sembra questo il significato che trapela delle ultime misteriose parole che parlano di un perdere per ritrovare (chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà).
Che sia  questo il segreto della felicità?


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