Cherofori

"Un diamante è per sempre", recitava uno spot di qualche tempo fa.
Eppure la luce adamantina della gemma più preziosa racconta la bellezza di una perfezione sideralmente distante dall'esperienza umana, "ingiallita" in vario modo, come la luce dei giorni di inverno. Come le foto, quando erano ancora di carta. Il fascino del diamante è in fondo quello di una luce invincibile (adamas), ma fredda. 
Bella agli occhi, ma non calda per il cuore.
Probabilmente non è questa la "luce" che accende l'entusiasmo del profeta-poeta:

Àlzati, rivestiti di luce, perché viene la tua luce,
la gloria del Signore brilla sopra di te.
Poiché, ecco, la tenebra ricopre la terra,
nebbia fitta avvolge i popoli;
ma su di te risplende il Signore,
la sua gloria appare su di te.

Anche gli artisti hanno preferito il giallo al più "scientifico" bianco di qualsivoglia cometa per rappresentare la stella di Betlemme. Questioni di frequenze del campo visivo, sentenzieranno gli esperti. Certamente. 
Ma non solo. 
La stella manifestatasi (phainomènou: Mt 2,7) ai misteriosi Magi  è segno di una luce "diversa": quella che parla al cuore e all'intelligenza e li mette entrambi in viaggio. L'apparizione ("epifania)" di Gesù è per tutti, ma non tutti si mettono in viaggio. 
C'è chi lo fa (come i Magi) e c'è chi rimane chiuso nel suo palazzo (Erode e i suoi consiglieri).
Ieri come oggi. Anche se il palazzo è solo una stanza. Cherofobia? Non solo. Erode passò alla storia per la sua malvagità, più che per la sua ansia.
Con la loro placida spavalderia, i Magi avevano notificato al 'povero' Erode il Grande che erano venuti ad adorare qualcuno che, a differenza di lui, aveva una stella tutta sua (Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo). 
Loro erano entusiasti, lui invece turbato. Ma il turbamento si trasformò subito in rabbia infanticida. La storia della salvezza è sempre drammatica. Non è un gioco di laboratorio.
Una cosa è certa: quella misteriosa stella aveva il potere di mettere in movimento i cuori aperti. Ecco perché ai Magi basta anche solo vederla per provare una grande gioia. 
La tradizione presenta i tre magi come degli anziani provenienti da paesi lontani, che una volta fatto il loro compito, se ne tornano a casa per un'altra strada
Li immaginiamo contenti, contagiosi con la loro "mega-gioia" (karàn megàle) che avevano provato al vedere il bambino di Betlemme.  
Forse oggi dovremmmo ingaggiarli perché la loro strada passi anche per le nostre città e paesi. Sì, perché abbiamo estremo bisogno di portatori di gioia ("cherofori"), più che di persone che hanno paura della felicità (cherofobi). 
Per trovare la gioia, occorre correre il rischio di partire.
Perché la gioia è come la verità: "essa si dona a chi l'ama tanto da cercarla tenacemente" (Paolo VI, Gaudete in Domino).





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