Il fantasma della colpa
La trappola era stata ben congegnata, allestendo un vicolo cieco in cui incastrare una volta per sempre il "sovvertitore" venuto da Nazaret. L'aggressività verso Gesù sta aumentando e la debolezza di quella donna colta in flagrante adulterio è l'occasione giusta per processarlo.
Nessun cenno alla storia di questa donna, perché di fatto a nessuno interessa niente di lei: importa solo quello che ha fatto, non chi è. La sua identità è totalmente riassorbita nella sua colpa, diventata principio di generalizzazione: donne come questa. Un giudizio sommario su una persona mutilata della sua storia, sotto l'ombrello della legge di Mosè ed imbracciando la parola di Dio come un’arma.
Un vicolo cieco anzitutto per chi le pronuncia, amplificando il peso degli sbagli altrui.
Gesù parla anzitutto con il suo corpo (si chinò, si alzò), solidarizzando con la persona più debole: Neanch’io ti condanno. Sono le parole tra le più rivitalizzanti di tutto il Vangelo: Non sono venuto per condannare il mondo, ma per salvare il mondo (Gv 12,47).
L'ossessione della colpa è cancellata per sempre, ma non si tratta di una sanatoria o un condono generalizzato. Quelle parole offrono un dono che comporta un compito: Va’ e d’ora in poi non peccare più.
La santità di Gesù, condensata in quello sguardo e in quelle parole, non pesa sulla persona, schiacciandola, ma la libera, sollevandola. Perché possa rifiorire. In una vita nuova.Ed è già risurrezione.
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