Apocalisse?
Vi saranno in diversi luoghi terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandiosi dal cielo. (…) Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto. Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita». (Lc 21,11.18-19).
Quando l’evangelista Luca scrive queste cose, il tempio di Gerusalemme e tutta la città sono andate distrutte. La costruzione del grandioso tempio erodiano aveva richiesto un’enormità di tempo (oltre che risorse): dagli inizi dei lavori, nel 19 a.C, era stato ultimato solo nel 62 d.C. (quasi come il MOSE…!).
Appena otto anni dopo, nel 70, viene raso al suolo. Vanità delle vanità.
A loro volta, le prime comunità dell’Asia Minore erano travolte dalla persecuzione ed essere cristiani era pericoloso. Nemmeno in famiglia ci si poteva sentire al sicuro, un po’ come accadde in alcuni paesi dell’Est Europa durante gli anni della cortina di ferro. Non ci si poteva fidare di nessuno e si poteva essere traditi e consegnati alla Polizia anche dai famigliari, in un clima di sospetto e di paura.
Ma Luca invita i suoi lettori a non lasciarsi irretire dalla paura, anzi dal panico. Gli ultimi tempi, con tutto il loro repertorio apocalittico, non sono sinonimo della fine del mondo, ma ci aiutano a riflettere sul senso ultimo della storia. La proverbiale immagine del capello del capo che non andrà perduto esprime la convinzione di fede che il Signore è fedele e non verrà meno la sua cura paterna. L’importante è perseverare e non lasciarsi incantare dalle sirene catastrofiste.
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