La corona
Alle elementari abbiamo imparato che ci sono molti regni.
Un sasso o un pezzo di sale sono corpi senza vita, senza movimento: non respirano, non mangiano, non crescono e non si riproducono. Eppure anche loro formano un “regno”: il regno dei minerali. Poi c’è il regno vegetale, dove la vita si esprime con i suoi infiniti colori e forme. Segue il regno animale, dove è chiaro chi è il re…
In natura, il re è il più prezioso, il più bello o il più forte. Nel regno degli umani, il re è tale perché è sovrano di un territorio e detta legge su un popolo. Il territorio e il popolo sono i due elementi qualificanti della sovranità. Ecco perché il potere politico è sempre molto sensibile a questi temi.
Nel “regno di Dio” non ci sono più confini territoriali e il popolo è potenzialmente formato da tutti coloro che vogliono vivere servendo. La solennità di Cristo Re dell’Universo potrebbe essere riletta così, anche se storicamente nasce in un contesto molto diverso da quello attuale. Correva l’anno 1925 quando papa Pio XI istituì questa nuova festa con l'enciclica Quas Primas. L’intento era riparativo nei confronti dell’imperante laicismo dell’epoca, mentre il linguaggio – come sempre – tradiva lo spirito dei temi. L’obiettivo era celebrare il «diuturno lavoro della Chiesa per la maggiore dilatazione del Regno del suo Sposo nei continenti e nelle più lontane isole dell'Oceano». L’idea di missione era ancora debitrice di un certo spirito colonialista («il grande numero di regioni conquistate al cattolicesimo col sudore e col sangue dai fortissimi e invitti Missionari») se non addirittura quello dei conquistadores («quante vaste regioni vi siano ancora da sottomettere al soave e salutare impero del nostro Re»).
Al di là di questo linguaggio un po' vintage, ciò che conta, ricordava Pio XI, è che «Cristo regni». Ma cosa significa questo?
Per fortuna ci sono i Vangeli, verrebbe da dire! La regalità di Dio non si manifesta in astratti “eterni decreti”, ma in una promessa: Oggi con me sarai in Paradiso (Lc 23,43). Il Paradiso non è uno Stato e nemmeno uno "stato" (emotivo o digitale), ma una relazione. Bello che Luca anteponga la relazione (con me) allo stato in luogo (in Paradiso).
Fino all’ultimo, Gesù non pensa a sé e per sé, ma apre le porte del Regno a colui che gli sta a fianco. Il suo ingresso nel regno non è quello solitario del trionfatore, ma quello solidale del pellegrino che porta con sé tutti i crocifissi della storia. Le spine che lo coronano diventano le gemme più preziose perché bagnate dal sangue del dono.
Servire è regnare e regnare è servire perché la legge del dono è l’unica forza che permette la sopravvivenza di tutte le cose. «Ci hai chiamati a regnare con te nella giustizia e nell’amore» (Colletta per la Solennità di Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’Universo, Anno C). Così pregano i cristiani in questa domenica, riconoscendo che la signoria di Dio sull’intero universo si esprime nel dono di sè che si fa solidale con gli altri.
Certamente la prospettiva è un po’ più ampia rispetto all’angustia della retorica dei nostri giorni, che fa del presidio dei confini territoriali la bandiera dell’orgoglio nazionale. Per fortuna almeno il regno di Dio non conosce dogane e tutti possono scegliere di regnare così, amando e servendo. Basta solo aprire le porte allo Spirito. Già questa è una grazia...regale!

Commenti
Posta un commento