Cerco casa

Presepi saccheggiati, confessionali disertati, parroci contestati. Sembra un bollettino di guerra la situazione del cristianesimo in quello che fu il "Veneto bianco". Allargando lo sguardo al territorio nazionale la situazione non migliora di molto. Secondo l'ultimo rapporto del Censis, il 69% della popolazione vive in uno stato di "incertezza". Non stupisce, quindi, se 4,4 milioni di italiani assumono ansiolitici e sedativi (il 23,1% in più negli ultimi tre anni).
Si potrebbe continuare a lungo con l'elenco dei guai di una religione e di una società apparentemente ridotte in cenere, ma ha poco senso attardarsi, intristendosi per la cronaca mentre Dio continua a tessere la sua storia di salvezza. Nel mistero del Natale contempliamo la venuta del Figlio che non si stanca di accasarsi anche in questa porzione di umanità così malconcia: «Ecco, vi annuncio una grande gioia» (Lc 2,10), annuncia l'angelo ai pastori. Evidentemente quell'angelo senza nome non avrà avuto la voce suadente di Alexa, ma quella gioia è davvero reale per chi sa riconoscere nel bambino di Betlemme il compimento delle profezie.
«Natale è un giorno come un altro», mi disse una volta con amarezza un’amica in fase atea. Certamente la celebrazione della nascita di Gesù è una di quelle feste che possono irritare o consolare a seconda dei punti di vista. Eppure colpisce sempre il mistero di questo Dio che si fa mendicante e cerca casa tra gli uomini, incurante del loro rifiuto. Giovanni sottolinea l’opportunità più che la sconfitta: «Venne fra i suoi, e i suoi non l’hanno accolto. A quanti però lo hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio» (Gv 1,11-12). 
Dio è così: non si arrende mai. Fa dei nostri «No!» l’occasione per il suo «Sì!», sbriciola i nostri muri con la forza della sua luce, scioglie l’odio con la tenerezza di un sorriso. «L’amore soltanto l’amore ti porta a guarire. L’amore è là dove sei disposto a morire» (Cesare Cremoni). È proprio quello che accade a Natale: il Figlio del Re eterno viene in mezzo a noi per piantare la sua tenda ed abitare stabilmente con noi, amando la nostra umanità al punto di dare la sua vita per noi. Dio rimarrebbe solo un concetto senza quel batuffolo di carne rosa. Ecco perché il mistero dell’Incarnazione rinvia a quello della passione, comportando una reale "innovazione" rispetto ad un'idea di Dio un po' troppo rarefatta. Sì, nel dono Figlio, il Padre sa innovare, perché con l'Incarnazione anche per Dio le cose non sono più come prima.
Non si tratta solo di trasmettere una tradizione del passato, ma di lasciarsi ispirare dalla Luce per tracciare nuove strade oggi. «Occorre discernimento per individuare dove Dio si rivela oggi, mantenendo la continuità con il passato, ma anche rinnovandolo ed innovandolo», ha scritto la biblista Donatella Scaiola. L’innovazione non è un'esclusiva del linguaggio aziendale: il primo ad in-novare e a "fare nuove tutte le cose" (cf. Ap 21,5) è proprio Dio nel Figlio venuto dal futuro più che dal passato. Dio sa tracciare strade nuove trasformando la terra abbandonata e devastata in «terra Sposata» (Is 62,4).
E se lo fa Lui, possono farlo anche coloro che accolgono con fiducia il fuoco del Vangelo: "la tradizione è custodire il fuoco, non adorare le ceneri", secondo il noto detto di Gustav Mahler.

Buon Natale a tutti e a tutte!

Signoressa di Trevignano, dicembre 2019





Commenti

Posta un commento

Post popolari in questo blog

Con rinnovato stupore

Lo zappatore

Come sentinelle nel cuore della notte