Preparare il cuore

“Sarebbe stato meglio ritornare alla stessa ora”, disse la volpe. "Se tu vieni, per esempio, tutti i pomeriggi alle quattro, dalle tre io comincerò ad essere felice. Col passare dell'ora aumenterà la mia felicità. Quando saranno le quattro, incomincerò ad agitarmi e ad inquietarmi; scoprirò il prezzo della felicità! Ma se tu vieni non si sa quando, io non saprò mai a che ora prepararmi il cuore...". (A. De Saint-Exupéry, Il piccolo principe, 1943, cap. 21).
Il tempo dell’Avvento ha una sua fisionomia e non si riduce al semplice tempo di “preparazione” al Natale. 
I preparativi, servono, certo, ma qui c’è in gioco di più. C’è una tensione interiore da abitare, il senso di una presenza da risvegliare: Risvegliate nel cuore l'attesa, per accogliere il Re della gloria, recita la strofa di un canto tradizionale. 
È proprio questo il punto: risvegliare il cuore addormentato, narcotizzato, ibernato... Non bastano un po’ di sardine o un Black Friday per svegliarsi. Tutto rischia di essere anestetizzato dal grigiore dei giorni, dal flusso continuo di post, immagini, breaking news e dall’ossessione collettiva per il live now, che come un tritadocumenti divora le pagine delle nostre giornate. Tutto questo rumore ci avvolge come una pellicola e un po’ alla volta ci ruba la gioia di vivere. È davvero molto più frequente di quanto non si pensi finire un po’ alla volta a somigliare ai “signori in grigio” di un altro celebre racconto, questa volta di Michael Ende, Momo (1973).
Ecco perché l’Avvento è fondamentalmente un grido. Il grido di Giovanni Battista, voce di uno che grida nel deserto (Is 40,3). Il grido di Paolo, che richiama vigorosamente la comunità: “è ormai tempo di svegliarvi dal sonno, perché adesso la nostra salvezza è più vicina di quando diventammo credenti” (Rm 13,11)
Sì, perché il rischio che correvano le prime comunità cristiane a cui si rivolge Matteo è lo stesso che viviamo noi oggi: E non si accorsero di nulla… (Mt 24,39). Le prime comunità vivevano un serio problema di fede: il ritardo della venuta del Signore. Sembrava che fosse lì dietro la curva, che stesse per arrivare, eppure non arriva. Ritarda. E non manda nemmeno la sua posizione. Quindi non sappiamo né dove, né quando. Ecco perché il cuore tende a stancarsi, ad assopirsi. Proprio come lo sposo nella parabola delle vergini sagge e delle vergini stolte, che, guarda caso, è proprio di Matteo (cf. Mt 25,1-13). L’evangelista che ci accompagnerà per tutto quest’anno conosce bene il problema, che tecnicamente parlando è il ritardo della parusia. 
Il punto è che, a differenza della volpe che vuol essere addomesticata dal Piccolo Principe, l’esperienza della fede chiede che questa attesa senza sicurezze si trasformi in ardente fedeltà: “Tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo” (Mt 25,44). Non importa sapere il giorno, né l’ora. E nemmeno la posizione. 
L’importante è non lasciare che la fiamma si spenga.


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