Agnus Dei
Stupore è la parola che – forse – più si avvicina al guazzabuglio di sentimenti che si agitano nel cuore del Battista vedendo Gesù venire verso di lui (Gv 1,29). Una vita, quella di Giovanni, interamente consacrata alla ricerca di Dio, al digiuno e all'ascesi. E invece di trovare Dio, si scopre trovato da Lui. Non lo conoscevo, ripete per due volte. Confessa il suo smarrimento. Uno smarrimento che smaschera la presunzione di chi dà per scontato di conoscere Dio (e presume di insegnarlo agli altri, ovviamente).
Cerchiamo colui che ci cerca è il titolo di un vecchio libro di padre Bernard Bro, il celebre domenicano francese scomparso nel 2018. Accade proprio così. I credenti sono donne e uomini che si scoprono cercati da Colui che pensavano di cercare. E in questa scoperta "Dio" non è più un concetto astratto, ma ha il volto di Gesù, che, nel deserto (!), si manifesta come il Figlio, il Servo e l’Agnello.
Figlio nell'obbedienza al Padre, Servo nella vicinanza e nella cura verso i fratelli, Agnello che porta su di sé il peccato del mondo.
«Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo!», annuncia solennemente Giovanni. Il peccato del mondo, rigorosamente al singolare. Sì, perché al Figlio non interessano gli elenchi delle nostre piccoli o grandi trasgressioni. Lui è venuto non per condannare, ma per salvare il mondo. E il mondo – come ogni persona – è “salvato” solo quando scopre di essere infinitamente amato. L’azione del Figlio è simile a quella di un catalizzatore, che porta su di sé tutto il male del mondo, male che si esprime in molteplici modi, dallo scandalo della divisione tra i cristiani agli scandali interni alla Chiesa stessa (scandali "di qualità" in questa settimana!).
Ecco perché, nonostante la banalità del male che respiriamo e che ci avvolge, il sentimento che prevale non è la sfiducia o la tristezza, ma – ancora una volta – lo stupore e la fiducia. Addirittura la tenerezza. La tenerezza di un Dio che non cerca vendetta e che non ama il sangue, ma che nell'Agnello di Dio offre giustizia e pace, misericordia e verità.
Infine, un piccolo "dettaglio".
Dove ci cerca Colui che ci cerca? Non nelle piazze, non sotto i riflettori, ma nel deserto. Il Dio dei piccoli e dei poveri, il Dio degli “scartati”, ama il silenzio e parla nel silenzio. Il deserto, luogo della solitudine, grazie alla sua presenza diventa un luogo ospitale: Perciò, ecco, io la sedurrò, la condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore, dice il profeta Osea. Nel deserto Dio fissa l'appuntamento per tutti coloro che non si sono stancati di cercarlo.
Prima del vedere e del testimoniare (E io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio, dice il Battista), c’è da fare un’esperienza di spoliazione, di deserto. I filosofi contemporanei parlano spesso di decostruzione. Forse anche noi non dobbiamo dare per scontato il nostro rapporto con Dio, la nostra fede. Solo dopo che avremo fatto qualche sano esercizio di decostruzione, quando saranno cadute tutte le immagini sbagliate di Dio che ci siamo costruiti, allora lo riconosceremo venirci incontro, libero e solo, come l’Agnello che trasforma il deserto in giardino. Il primo fiore di una nuova umanità.
don Stefano Didonè
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Francisco de Zurbarán, Ecce Agnus Dei, 1640 ca. – Madrid, Museo del Prado |
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