Festa degli incontri
E se la vera pandemia dei nostri giorni non fosse un virus, ma la tristezza? La tristezza di occhi che non sanno più stupirsi e commuoversi, sciogliendosi in un pianto di gioia. La tristezza di una società che non fa più figli...
Il Vangelo di Luca inizia con il racconto di due anziani che vedono il loro tran tran quotidiano, forse un po' rassegnato, improvvisamente stravolto. Zaccaria ed Elisabetta vengono riassegnati ai nastri di partenza.
Prosegue con la vita di una coppia mandata in tilt per l'annuncio di un angelo.
Insomma, se Dio esiste, un colpo l'ha battuto. Eccome.
Ma siccome la notizia è ghiotta, Luca insiste con la sua cronaca dal futuro.
Una coppia con un bambino incrocia una coppia di anziani. Sullo sfondo un tempio immenso e ancora in costruzione. Il passato e il futuro Dio si incontrano. La santità di Israele, rappresentata dagli anziani Simeone e Anna, incontra il Figlio di Dio nella forma di un bambino.
È la festa degli incontri (in greco Ypapanti).
L'incarnazione del Verbo passa attraverso un rito arcaico e una coppia di tortore. L’apparire di Dio nel Bambino di Betlemme chiede un riconoscimento. Prima i pastori, gente povera, ai margini della società che conta; i magi, stranieri e pagani. Ora, a quaranta giorni di distanza dal Natale, è riconosciuto dai santi di Israele, Simeone e Anna, a sottolineare il compimento dell’attesa del popolo eletto.
Che cosa ci fanno Anna e Simeone nel tempio? Aspettano di vedere il Messia. Ormai sono anziani e forse le loro speranze stanno per spegnersi, ma ecco che accade qualcosa. In quello spazio enorme, immenso (100 mila metri quadrati di lastricato), che doveva marcare la distanza del Santo dei santi dalla vita della gente, gli occhi di due anziani intravvedono la novità del Dio che si fa vicino. In quello spazio immenso vedono avanzare – forse un po’ intimoriti – Maria e Giuseppe con il piccolo Gesù.
Al quarantesimo giorno dalla sua nascita, secondo gli usi ebraici, si doveva presentare al tempio il primogenito per il cosiddetto riscatto. Ma Gesù non ha bisogno di essere riscattato. Lui è il santo di Dio: «Ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. …Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio». Questo aveva detto l’angelo a Maria.
Luca fa intuire ai suoi lettori che Gesù non ha bisogno di essere consacrato al Signore e non deve essere riscattato; anzi, "Lui è il Consacrato, il Cristo del Signore e Lui sarà il riscatto per il suo popolo, per l’intera umanità" (E. Citterio). Ma per riscattare ha bisogno di essere riconosciuto. Ed ecco allora il ruolo di Simeone e di Anna: due anziani che non si sono lasciati intristire dalla vita, che hanno fatto della fedeltà la loro lampada che arde. Per questo sono in grado di riconoscere la Luce che avanza e gioiscono per questo. La Luce che è apparsa prima all'esterno sotto il segno la stella, ora chiede di essere riconosciuta dai cuori.
In un contesto sociale come quello italiano, in cui gli over 65enni sono 13,8 milioni, cioè il 22,8% della popolazione totale, Simeone e Anna ci mostrano un modo di vivere il tempo dell’anzianità fatto di fedeltà, saggezza e speranza, senza inseguire inutili giovanilismi.
Ecco perché la Chiesa celebra oggi anche la festa per la vita consacrata. Perché essa esprime il segno prezioso di una vita che si offre e offre luce, dando lode e gioia al popolo di Dio ed esprime la profezia del futuro, del Regno che verrà. Gli uomini e le donne che professando i consigli evangelici di povertà, castità e obbedienza esprimono il segno della vita nuova in Cristo e la radicale dedizione al Regno. La vita consacrata "appartiene inseparabilmente alla vita e alla santità della Chiesa", afferma il n. 44 della costituzione dogmatica Lumen gentium del Concilio Vaticano II.
E di donne e uomini così, che continuano a cercare e ad attendere, ne ha bisogno non solo la Chiesa, ma anche la nostra società.
Il Vangelo di Luca inizia con il racconto di due anziani che vedono il loro tran tran quotidiano, forse un po' rassegnato, improvvisamente stravolto. Zaccaria ed Elisabetta vengono riassegnati ai nastri di partenza.
Prosegue con la vita di una coppia mandata in tilt per l'annuncio di un angelo.
Insomma, se Dio esiste, un colpo l'ha battuto. Eccome.
Ma siccome la notizia è ghiotta, Luca insiste con la sua cronaca dal futuro.
Una coppia con un bambino incrocia una coppia di anziani. Sullo sfondo un tempio immenso e ancora in costruzione. Il passato e il futuro Dio si incontrano. La santità di Israele, rappresentata dagli anziani Simeone e Anna, incontra il Figlio di Dio nella forma di un bambino.
È la festa degli incontri (in greco Ypapanti).
L'incarnazione del Verbo passa attraverso un rito arcaico e una coppia di tortore. L’apparire di Dio nel Bambino di Betlemme chiede un riconoscimento. Prima i pastori, gente povera, ai margini della società che conta; i magi, stranieri e pagani. Ora, a quaranta giorni di distanza dal Natale, è riconosciuto dai santi di Israele, Simeone e Anna, a sottolineare il compimento dell’attesa del popolo eletto.
Che cosa ci fanno Anna e Simeone nel tempio? Aspettano di vedere il Messia. Ormai sono anziani e forse le loro speranze stanno per spegnersi, ma ecco che accade qualcosa. In quello spazio enorme, immenso (100 mila metri quadrati di lastricato), che doveva marcare la distanza del Santo dei santi dalla vita della gente, gli occhi di due anziani intravvedono la novità del Dio che si fa vicino. In quello spazio immenso vedono avanzare – forse un po’ intimoriti – Maria e Giuseppe con il piccolo Gesù.
Al quarantesimo giorno dalla sua nascita, secondo gli usi ebraici, si doveva presentare al tempio il primogenito per il cosiddetto riscatto. Ma Gesù non ha bisogno di essere riscattato. Lui è il santo di Dio: «Ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. …Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio». Questo aveva detto l’angelo a Maria.
Luca fa intuire ai suoi lettori che Gesù non ha bisogno di essere consacrato al Signore e non deve essere riscattato; anzi, "Lui è il Consacrato, il Cristo del Signore e Lui sarà il riscatto per il suo popolo, per l’intera umanità" (E. Citterio). Ma per riscattare ha bisogno di essere riconosciuto. Ed ecco allora il ruolo di Simeone e di Anna: due anziani che non si sono lasciati intristire dalla vita, che hanno fatto della fedeltà la loro lampada che arde. Per questo sono in grado di riconoscere la Luce che avanza e gioiscono per questo. La Luce che è apparsa prima all'esterno sotto il segno la stella, ora chiede di essere riconosciuta dai cuori.
In un contesto sociale come quello italiano, in cui gli over 65enni sono 13,8 milioni, cioè il 22,8% della popolazione totale, Simeone e Anna ci mostrano un modo di vivere il tempo dell’anzianità fatto di fedeltà, saggezza e speranza, senza inseguire inutili giovanilismi.
Ecco perché la Chiesa celebra oggi anche la festa per la vita consacrata. Perché essa esprime il segno prezioso di una vita che si offre e offre luce, dando lode e gioia al popolo di Dio ed esprime la profezia del futuro, del Regno che verrà. Gli uomini e le donne che professando i consigli evangelici di povertà, castità e obbedienza esprimono il segno della vita nuova in Cristo e la radicale dedizione al Regno. La vita consacrata "appartiene inseparabilmente alla vita e alla santità della Chiesa", afferma il n. 44 della costituzione dogmatica Lumen gentium del Concilio Vaticano II.
E di donne e uomini così, che continuano a cercare e ad attendere, ne ha bisogno non solo la Chiesa, ma anche la nostra società.
don Stefano Didonè
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