Molto di più

È una situazione davvero surreale quella che si è creata in questo inizio di “Coronesima”. Ha ragione sant’Agostino quando scrive che «il nostro progresso si compie attraverso la tentazione». Solo che le tentazioni possono essere molto diverse e molto sottili. Chi avrebbe mai pensato che nel 2020 si riproducesse questo scenario manzoniano? Comprensibilmente il blocco totale di molte attività, anche pastorali, ma soprattutto il digiuno eucaristico forzato, hanno fatto saltare molti nervi. C’è stato addirittura chi ha rispolverato la storia del “castigo di Dio” e chi - in modo più sofisticato - ha preso di mira la vecchia teoria rahneriana dei cristiani anonimi. Qualcuno, pur di polemizzare con la linea della responsabilità scelta dai vescovi, si è dimenticato quel passaggio della lettera ai Romani che dice ciascuno sia sottomesso alle autorità costituite. (…) Quindi chi si oppone all’autorità, si oppone all’ordine stabilito da Dio (Rm 13,1-2). Si può immaginare che non certo a cuor leggero si siano presi drastici provvedimenti, ma nei tempi più social della storia anche la gestione delle epidemie diventa motivo per dividersi. 
Forse tutta questa confusione (e tensione) è effetto di un altro "contagio", ancora più invisibile, micidiale e virale: quello del peccato, che deforma l’immagine di Dio e della sua alleanza con l’umanità. I toni rivendicativi che sono stati utilizzati in questi giorni in riferimento alla privazione dell’eucaristia domenicale («Ci hanno rubato l’Eucaristia») non aiutano a guardare le cose dal punto di vista della fede che spera e ama anche nei momenti più difficili. Non si tratta di “spiritualizzare” per addolcire la pillola amara, ma di spingersi un po’ oltre e andare più in profondità rispetto alle reazioni più emotive. Chi ci separerà dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? (Rm 8,35-36). 
Le solenni parole di Paolo prendono atto di una situazione in cui il peccato regna sovrano (come a causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e, con il peccato, la morte, così in tutti gli uomini si è propagata la morte, poiché tutti hanno peccato: Rm 5,12), ma al tempo stesso subito aprono un varco: Se per la caduta di uno solo la morte ha regnato a causa di quel solo uomo, molto di più quelli che ricevono l’abbondanza della grazia e del dono della giustizia regneranno nella vita per mezzo del solo Gesù Cristo (Rm 5,15). Come a dire: guardiamo a quel “molto di più” invece di incupirci e restare prigionieri della tristezza, della rabbia e dell’arrendevolezza. Percepire quel “molto di più” che alleggerisce e dilata il cuore è dono dello Spirito. E’ lo Spirito che spinge Gesù nel deserto (Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto: Mt 4,1), per trasformare quel campo di battaglia nuovamente in giardino in cui Dio dà appuntamento all’uomo per invitarlo al suo banchetto (ed ecco degli angeli gli si avvicinarono e lo servivano: Mt 4,11). 
Le tentazioni fanno parte della vita dei discepoli, ma non sono mai l’ultima pagina dei loro ricordi. La fame (anche quella eucaristica) non è l’ultima parola della storia tra Dio e l’uomo. Dio è sempre amante della vita e si prende cura di noi in ogni modo. 
Il suo modo di abitare silenziosamente il cuore dei discepoli è forse la vera Presenza da riscoprire. 

don Stefano Didonè



Commenti

  1. guardiamo a quel “molto di più” invece di incupirci e restare prigionieri della tristezza, della rabbia e dell’arrendevolezza....
    Che meraviglia

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