Una Pasqua non "religiosa"

La domenica delle Palme di quest'anno è "solo" domenica della Passione. Così hanno decretato le autorità ecclesiastiche e gli uffici liturgici. I ramoscelli di Ulivo siano solo digitali. La scelta tutto sommato calza bene con i giorni drammatici che stiamo vivendo.
Rinunciare a quella che dovrebbe essere, stando alle rubriche del Messale, la "madre di tutte le processioni", ma che spesso nelle parrocchie si risolve in uno scomposto ingresso in chiesa, complice il disorientamento dei chierichetti ("Don, ma è una Messa come le altre?!") l'affluire dei bambini e l'imbarazzo degli adulti, non è così impegnativo. 
Più impegnativo, invece, è immaginare il grido silenzioso di quanti sono morti intubati mentre si ascoltano questi  tremendi versetti:  Verso le tre, Gesù gridò a gran voce: «Elì, Elì, lemà sabactàni?», che significa: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?».
La versione matteana del racconto della Passione di Gesù mette in scena un Figlio disarmato e abbandonato. Gesù beve fino in fondo il calice amaro del vedersi abbandonato prima dai suoi discepoli (Allora tutti i discepoli lo abbandonarono e fuggirono), poi rinnegato da Pietro («Non conosco quell’uomo!») e infine dal Padre stesso, andando fino in fondo a quella promessa che aveva fatto nell'ora della preghiera più angosciata: non come voglio io, ma come vuoi tu!
Matteo conferisce un realismo estremo al dono promesso nell'ultima cena: «Prendete, mangiate: questo è il mio corpo». Ma questo non serve per alimentare l'immaginario del sangue alla Mel Gibson, ma solo per aiutarci a prendere sul serio la dinamica oblativa del dono: quella senza ricevuta di ritorno e senza paracadute. Senza uscita di sicurezza. Perché Dio ama così.
Forse, come ama Dio, ce lo stanno insegnando in questi giorni non tanto i "ministri del sacro", ma i medici, gli infermieri e gli operatori sanitari. Coloro che, pur temendo per la loro incolumità, si sono trovati - forse loro malgrado - a vedere la loro laicissima professione trasformarsi in una "missione". Non si tratta di trasformare nessuno in angelo o eroe, perché la retorica non è un genere letterario del Vangelo. Forse c'è dell'altro.
Questa Settimana Santa così "speciale", che ci ricorderemo per sempre, magari ci potrà aiutare a scoprire che davvero Dio non ha confini e non conosce limiti. Che non può essere contenuto in nessun luogo, perché è Spirito. E lo Spirito agisce nei cuori e trasforma i gesti umani - anche i più semplici ed inconsapevoli - nell'abbraccio benedicente di Dio.
Buona settimana Santa a tutti!
don Stefano




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