La retata
“Tesoro, puoi portare fuori il cane, per favore?”. Nel linguaggio dei sentimenti e dell'amore è di casa il ricorso alla simbologia del "tesoro". La persona amata corrisponde al tesoro perché con lei (o con lui) possiamo vivere una relazione di confidenza, tenerezza ed esclusività: con il nostro tesoro possiamo confidarci, vivere la tenerezza e sentirci custoditi gelosamente: il tesoro è uno solo! Guai se si utilizza questo linguaggio nei confronti di qualcun altro (o altra).
La provocazione della parabola del tesoro nascosto (letteralmente: "criptato") è tutta qui: riusciremmo a dire le stesse cose nei confronti del Signore? Pensiamo al rapporto con Lui come una relazione di confidenza, tenerezza ed esclusività?
Quando Gesù racconta le "parabole del Regno dei cieli" ci sta squadernando sotto gli occhi il mistero del cuore di Dio e dell'uomo. Ma noi, troppo spesso, pensiamo che non si tratti di questo e ci ostiniamo a pensare che si tratti di storielle edificanti e che Dio debba essere ben altro, cioè "l'Essere perfettissimo ed eterno" di cui parlavano le nostre nonne che avevano studiato il catechismo di san Pio X. E se l'Essere perfettissimo ed eterno si fosse manifestato a noi attraverso i racconti del falegname venuto da Nazaret?
Il nostro problema principale è che parliamo di Dio o pensiamo a Lui senza abitare in quello che santa Teresa d'Avila chiamava "castello interiore", cioè senza avere confidenza con la nostra intimità spirituale. Restiamo spesso fuori, sul ponte di ingresso, in balia di mille pensieri e distrazioni. Finché rimaniamo lì, non succederà nulla. Ma appena scopriamo il tesoro, tutto può cambiare in un attimo: Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo; un uomo lo trova e lo nasconde; poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo.
L'attenzione del lettore è attratta dal comportamento particolarmente ligio e rispettoso dell'uomo fortunato. Egli non cede all'istinto predatorio di voler rubare il tesoro, sottraendolo dal campo. Al contrario, sa prendere le distanze dalla bramosia. La gioia di quella scoperta è tale, per cui non gli costa nulla vendere tutto per acquistare quel campo. Come a dire: gli uomini sono disposti a qualunque follia quando trovano l'amore vero. Al contrario, la vita senza gioia si spegne nella tristezza dei giorni.
Chi trova il tesoro, cioè entra in questa relazione confidente, tenera ed esclusiva, intuisce con quali criteri agisce Dio, si apre ad un nuovo modo di vedere le cose della vita, guardandole dal punto di vista di Dio, cioè con benevolenza e magnanimità: il regno dei cieli è simile a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci. Questo non vuol dire che Dio fa una “retata”, cioè un sequestro della nostra vita, ma che a tutti è offerta la possibilità di essere coinvolti, resi partecipi della vita divina. È questo sguardo la grazia da chiedere, come fa il re Salomone: Concedi al tuo servo un cuore docile, perché sappia rendere giustizia al tuo popolo e sappia distinguere il bene dal male.
Distinguere il bene dal male è possibile solo entrando ed "abitando" questa relazione. La gioia profonda è l’esperienza che fa il cuore dell’uomo quando scopre ed entra in relazione con il mistero avvolgente di Dio, che è benevolenza e misericordia per tutta l'umanità. Per i buoni e per i cattivi. La differenza tra gli uni e gli altri la vedremo solo alla fine.
Buona domenica!
don Stefano
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