Una leggerezza sostenibile
- "Don, mi pare che le mascherine ormai le usate solo voi in chiesa".
- "Infatti, si vedono i risultati in giro...".
Questo breve scambio di battute sul sagrato di una Chiesa del trevigiano rende l'idea della situazione nell'estate più incerta degli ultimi decenni. Sfiancati da questi mesi di pandemia, stremati dai logoranti riti del gel e mascherine, accogliamo come una liberazione le parole del Maestro di questa prima domenica di luglio: Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro.
Il termine usato (ἀνάπαυσιν) richiama la nostra idea di "pausa" e "sosta". Dopo aver chiarito ai suoi discepoli che seguirlo non sarà una passeggiata, Gesù apre il proprio cuore alla lode: Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza.
Farsi discepoli significa farsi piccoli, fare della mitezza e dell'umiltà il proprio stile nelle relazioni e nell'annuncio del Vangelo. La porta di accesso nella relazione con Dio è la piccolezza, la mitezza e l’umiltà di cuore. Tutto ciò porta alla vera gioia, che è l'esatto contrario della tristezza. Il filosofo francese Gilles Deleuze ha affermato che «la tristezza è ciò che accomuna oppressi e oppressori».
Il Vangelo non è un abdicare alle responsabilità della vita, un palliativo consolatorio, ma è potenza di liberazione del cuore. Il "giogo" della Parola porta ad una leggerezza e ad una dolcezza che ristora e rincuora lo spirito.
Buona domenica!
don Stefano
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