Elogio della lontananza

"L'epifania tutte le feste porta via", recita il proverbio della tradizione popolare. Quest'anno andrebbe aggiornato con gli ultimi sviluppi: "La pandemia tutte le feste porta via". La sensazione è proprio quella, guardando le strade semivuote e ascoltando il silenzio di questo giorno. E' come se ci fossero state "rubate" le feste natalizie, quelle più tradizionali. "Non sembra neanche Natale quest'anno", abbiamo in molti in queste settimane.  

E se invece lo fosse più di molte altre volte? Oggi più che mai appaiono vere anche per noi le parole del profeta Isaia:

Nebbia fitta avvolge i popoli;

ma su di te risplende il Signore,

la sua gloria appare su di te.

La “nebbia fitta” che ci avvolge è questa incertezza dei giorni, è la paura del contagio che si diffonde e che avvelena i cuori. È il non vedere oltre al proprio naso, al proprio piccolo recinto. Ma su di te risplende il Signore. Le nebbie e le tenebre non prevalgono. Natale è la festa della luce. La presenza delle nebbie e delle tenebre richiama il fatto che il ciclo delle feste natalizie custodisce un dramma. La venuta del Signore impatta con un rifiuto, ricorda Giovanni: Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. Era nel mondo e il mondo è stato fatto per mezzo di lui; eppure il mondo non lo ha riconosciuto.

Il Dio che si fa uomo chiede ospitalità nel cuore dell’uomo, sempre tentato di chiudersi ed indurirsi. La manifestazione (da epi-phanein: apparire dall'alto) di Gesù inaugura un tempo nuovo per l'umanità: a tutti è offerta la possibilità di vedere la luce e di assaporare la gioia della vita di Dio. In termini più vicini alla sensibilità e alla cultura giudaica del suo tempo, Paolo argomenta così: le genti sono chiamate, in Cristo Gesù, a condividere la stessa eredità, a formare lo stesso corpo e ad essere partecipi della stessa promessa per mezzo del Vangelo.

Il profeta Isaia, in termini più aperti e universali, evoca questa possibilità offerta a tutti in modo suggestivo, immaginando il ritorno a Gerusalemme degli esuli: I tuoi figli vengono da lontano

Da "lontano", proprio come i Magi. E' una lontananza feconda, quella di questi misteriosi cercatori di Dio venuti dall'Oriente, animati da una sana inquietudine. Non un’inquietudine generica o un’insoddisfazione, ma un anelito interiore: «Non rappresentano soltanto l’incamminarsi dell’umanità verso Cristo, ma l’attesa interiore dello spirito umano, il movimento delle religioni e della ragione umana incontro a Cristo» (Benedetto XVI). 

Per questo dal racconto di Matteo emerge chiaramente che i Magi sono liberi "dentro". Il loro omaggio al “re dei Giudei” è sincero e senza la malizia di Erode, che incarna invece il potere chiuso in se stesso, preoccupato di difendersi e di difendere le proprie prerogative e privilegi. Erode non vuole fare nessuna fatica, ma si limita ad una patetica richiesta, dando per scontato che anche i Magi (come molti altri) siano al suo servizio: «Andate e informatevi accuratamente sul bambino e, quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch’io venga ad adorarlo».

L’immagine del ritorno a casa dei Magi per un'altra strada è il sigillo non di una furbizia, ma della libertà dei figli venuti "da lontano" che non si sottomettono alla paura e al potere camaleontico. Proprio per questo i Magi sono “sapienti” (addirittura "santi", secondo Rilke) e ci consegnano un insegnamento di vita. Abbiamo molto da imparare da quanti vengono "da lontano". Forse più di quanto pensiamo.


Epifania 


Eran partiti da terre lontane:

in carovane di quanti e da dove?

Sempre difficile il punto d’avvio,

contare il numero è sempre impossibile.


Lasciano case e beni e certezze,

gente mai sazia dei loro possessi,

gente più grande, delusa, inquieta:

dalla Scrittura chiamati sapienti!


Le notti che hanno vegliato da soli,

scrutando il corso del tempo insondabile,

seguendo astri, fissando gli abissi

fino a bruciarsi gli occhi del cuore!


(David Maria Turoldo)


 Buona festa!

Don Stefano






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