Una sana inquietudine

La sinagoga, la casa, la strada. 

Sono questi i tre luoghi nei quali Gesù realizza gesti di assoluta vicinanza, di cura e guargione nei confronti degli uomini e delle donne. Tre luoghi che egli attraversa con naturalezza e che rompono i confini convenzionali tra il mondo religioso e ilmondo della vita: quello del lavoro quotidiano, delle relazioni e degli affetti, degli infortuni e dei viaggi. Gesù si muoveva come un pesce nell'acqua in questi luoghi della vita, quella dove tutto è "mescolato" (E. Grieu). La vita totale, dove il dolore e la morte si intrecciano con il germogliare della vita e della speranza.

Il mistero del dolore abita certamente in tutte le sue forme i luoghi della vita dell'umanità e nessuno è immune da questo, ma la presenza di Gesù è il segno della potenza di Dio che vince il male, il peccato e la morte. Una potenza inaudita che desta stupore.

La notte si fa lunga e sono stanco di rigirarmi fino all’alba.

I miei giorni scorrono più veloci d’una spola,

svaniscono senza un filo di speranza.

Le parole di Giobbe tratteggiano l'assenza della speranza nel cuore, un veleno mortifero per l'uomo. Ed è quello che assume e beve il Figlio dopo aver piantato la sua tenda fra noi e dopo i trent'anni di silenzio di Nazaret. Il calice del dolore degli uomini e delle donne che incontra racconta di una sofferenza universale e trasversale, che tocca tutti, seppur in modo diverso. La fragilità "che è in noi" (E. Borgna) riguarda anche i primi discepoli, che appena usciti dalla sinagoga tornano nella loro realtà quotidiana: La suocera di Pietro era a letto con la febbre e subito gli parlarono di lei…

In quel subito gli parlarono di lei emerge l'affetto e la premura per quella donna. La dinamica è che subito dopo la guarigione, la suocera di Pietro si mette a servire. La guarigione è per la vita e vivere è potersi donare agli altri. E questa onda di guarigione si allarga, pur restando un segno, incastonato nella tensione tra il "tutti" e il "molti" (...gli portavano tutti i malati e gli indemoniati...Guarì molti...).

Il segreto di questa potenza è la relazione di intimità con il Padre, che Marco non omette nel suo racconto, a testimonianza di una inquietudine (Andiamocene altrove), che non è psicologica, ma teologica: perché la speranza sia visibile per molti cuori. L'andare di Gesù per tutta la Galilea ricorda le parole di Paolo: mi sono fatto servo di tutti per guadagnarne il maggior numero. Mi sono fatto debole per i deboli, per guadagnare i deboli; mi sono fatto tutto per tutti, per salvare a ogni costo qualcuno. Ma tutto io faccio per il Vangelo, per diventarne partecipe anch’io.

Ecco un buon motivo per non sedersi sugli allori, ma per continuare a ripartire sempre.

Buona domenica!

don Stefano




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